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Al Mixology Circus 2024, Marco Bertoncini e Vanessa Piroballo,del magazine “That’s the spirit” ed esperti del settore, hanno offerto interessanti spunti di riflessione sui metodi di produzione del gin, con particolare attenzione al London Dry.

Marco Bertoncini ha esordito sfatando un mito comune: il London Dry non è necessariamente il "migliore" dei gin. Questa percezione risale all'800, quando la distillazione londinese rappresentava effettivamente un metodo superiore per purificare l'alcol di base, spesso contaminato. Oggi, con tecnologie avanzate e materie prime di qualità, la situazione è radicalmente cambiata.

"Abbiamo fatto un gin con Theresianer, utilizzando i loro luppoli. Un luppolo portato a 80°C ha un gusto completamente diverso da un luppolo infuso a freddo." Questo dimostra come la distillazione, tipica del London Dry, possa alterare significativamente il profilo aromatico di certi ingredienti.

 

Bertoncini ha sottolineato che nel 2024, tutti i metodi di produzione del gin possono essere validi. La qualità dipende più dalla scelta degli ingredienti e dal trattamento ottimale di ciascuno, che dal metodo in sé; la scelta dell'acqua, ad esempio, rappresenta il 60% della bottiglia: "provate a fare un gin con quattro acque diverse, ha un gusto completamente diverso."

Vanessa Piroballo, giudice internazionale in competizioni di spirits, ha condiviso la sua esperienza nelle degustazioni. Ha evidenziato come la categoria "London Dry" nelle gare possa creare confusione, poiché spesso associata erroneamente a un profilo gustativo specifico anziché a un metodo di produzione. Ha portato un esempio pratico: "Nella categoria London Dry, c'è tantissima roba che sì, il ginepro c'è, ma ho tantissime spezie o note floreali fortissime, agrumi esplosivi freschissimi, erbe balsamiche."

 

Piroballo ha anche menzionato un problema comune nei gin distillati: "Un classico nelle gare è qualcuno che salta su e dice 'Vabbè, ma sa di minestrone, sa di verdure cotte'. È un classico. I gin che fanno questo odorino in cattivino di verdure super mega stracotte." Questo spesso capita in un London Dry dove le temperature nell'alambicco non sono state gestite correttamente.

I relatori hanno concluso con una provocazione: considerare il gin come un prodotto "a scadenza". Bertoncini ha proposto: "Prendiamo le botaniche di stagione, utilizziamo le cose che ci servono e infondiamole nel miglior modo possibile. E scriviamo sulla bottiglia: questa bottiglia la devo vendere in sei mesi." Ha fatto un parallelo con altri prodotti: "La birra perde il suo profilo aromatico durante l'anno, ma nessuno si stupisce. Perché non farlo quindi nel gin?"

In sintesi, l'intervento ha invitato il pubblico a guardare oltre i preconcetti sul London Dry, enfatizzando l'importanza della qualità degli ingredienti e dell'abilità del produttore nel creare gin eccellenti, indipendentemente dal metodo di produzione scelto.